Il calicanto o meglio fiore d’inverno può riservarti una sorpresa inattesa nel mese di gennaio durante una passeggiata all’aria aperta. Improvvisamente ti sentirai avvolto da una dolce fragranza ed i tuoi occhi non potranno che cercare intorno a te la fonte di tanto profumo.
Il calicanto, calycanthus, o meglio fiore d’inverno è un arbusto apparentemente nudo e spoglio in questo periodo, ma avvicinandoti alla fonte del profumo noterai i suoi fiori, simili a piccole campanelline di un colore giallo tenue con centro rosso purpureo, infatti la leggenda del calicanto ha come protagonista un pettirosso.
I suoi fiori sono raggruppati lungo i rami, vicini vicini pronti a sfidare il gelido inverno. Si presentano cerulei e a tratti quasi semitrasparenti ed è proprio questa caratteristica che li protegge dal gelo. Il calicanto resiste a temperature quasi proibitive e ad altitudini che si aggirano intorno ai 3000 metri. Non ha difficoltà colturali di rilievo e resiste egregiamente anche agli habitat inquinati delle nostre aree urbane ed extraurbane.
Confidiamo che la lettura di questo breve testo, dedicato al calicanto, possa condurre la tua mente nella inebriante nuvola di profumi e sensazioni che ci dona la natura:
“Quando, nel silenzio di un tramonto estivo o nella calma postmeridiana della stagione invernale, faccio una passeggiata nel bosco attorno al mio eremo, il toccare la corteccia rugosa della quercia o quella liscia della betulla suscita in me una forte emozione; il guardare l’emergere trionfante di un fiore tra le pietre e gli sterpi di un fosso mi sorprende fino alle lacrime; l’ascoltare nella notte il grido della volpe o il verso ammonitore della civetta mi provoca un risveglio religioso; l‘odorare il profumo dei tigli che ho piantato o quello dei castagni resistenti alla malattia o, d’inverno, l’imperdibile aroma del calicanto tra la neve mi fa trasalire… Sì, è un’amplificazione dei sensi provocata dal dare tempo alla consapevolezza, dal nutrire la capacità di attenzione, dal combattere le distrazioni e i pensieri che mi assalgono. ” (cit. Monastero di Bose – di Enzo Bianchi)